Con le pompe di calore addio gas nelle case

Si abbassano i costi per i sistemi compatibili con i radiatori tradizionali

Nell’immaginario comune le pompe di calore sono spesso associate con quella che è l’applicazione più nota in Italia: gli impianti “a espansione diretta” aria-aria, utilizzati per il solo condizionamento estivo (o con una funzione di riscaldamento ausiliario). Al contrario, esistono sul mercato diverse tipologie di pompe di calore, vera alternativa green alle caldaie a gas o ad altri sistemi di riscaldamento tradizionali. Un settore che, in pochi anni, ha conosciuto una rivoluzione. E che promette una crescita importante, per l’effetto diretto nella riduzione di CO2 e particolato, principale responsabile in inverno degli alti livelli di inquinamento.

Ma cos’è una pompa di calore? Pensiamo al funzionamento di un frigorifero: è in sostanza una macchina termica che estrae il calore da una fonte naturale rinnovabile (acqua, aria o suolo, nel caso di geotermico) e lo trasporta disperdendolo nell’ ambiente esterno (in funzione raffreddamento) o impiegandolo per compensare il calore disperso dall’immobile (in versione riscaldamento). Per funzionare, questi macchinari utilizzano energia elettrica (che a sua volta può essere prodotta da fotovoltaico o altra rinnovabile) o gas.

Le tipologie più diffuse

«La tipologia più diffusa in Europa è la versione aria-acqua – spiega Egisto Canducci, consulente di Mce Lab, la piattaforma di Exocomfort, evento dedicato al settore impiantistico, delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica (la 42esima edizione si svolgerà a Milano dal 17 al 20 marzo). «La maggior diffusione e le nuove elettroniche unite ad hardware e refrigeranti sempre più evoluti – prosegue Canducci – hanno fatto di questa tecnologia una forma di sostituzione dei generatori a combustione ormai adatta a quasi tutte le tipologie impiantistiche. Al punto che, con una valutazione seria e puntuale, oggi le pompe di calore si possono abbinare non solo a sistemi radianti, ma anche ai tradizionali caloriferi, semplicemente aumentando le ore di accensione degli impianti alimentandoli con una temperatura inferiore».

Se fino a ieri, inoltre, uno dei limiti nell’uso delle pompe di calore per il riscaldamento era la difficoltà di far funzionare queste macchine in climi troppo rigidi, il panorama ora sta cambiando: nel campo delle pompe a bassa temperatura (massimo a 60 gradi) sono presenti tecnologie, come l’iniezione di gas caldo, che hanno permesso di spostare in alto le temperature massime di mandata, così da consentire una buona funzionalità degli apparati, fino a una temperatura esterna di -25 gradi.La ricerca ha messo inoltre in commercio pompe di calore aria-acqua cosiddette a doppio stadio che, grazie a un sistema in cascata, con due compressori e due refrigeranti diversi, riescono a fornire acqua a 80 gradi persino in presenza di un clima molto rigido.

L’ultima frontiera e i costi

Meno diffuse, ma comunque efficienti, le pompe acqua-acqua che possono essere in open loop, a circuito aperto, e attingere direttamente all’acqua di falda; o a circuito chiuso, con l’impiego di sonde in materiale sintetico inserite in pozzi verticali o in serpentine orizzontali nel terreno. Il vantaggio ricade nella stabilità della temperatura della sorgente (ossia dell’acqua), ma la tecnologia necessita di un’accurata progettazione, è costosa e pone esigenze di spazio. «In particolare per i sistemi con sonde verticali – prosegue Canducci – occorre prevedere almeno 50/70 mq per kW di potenza.

Nel caso delle sonde verticali è invece indispensabile conoscere la stratigrafia del terreno. Sono sistemi consigliati in aree dove la temperatura media del periodo invernale almeno per la metà dell’anno è inferiore ai -5 gradi». Ultima frontiera è, infine, il funzionamento in forma ibrida, associata cioè ad altre tecnologie «Esistono ad esempio – conclude Canducci – pompe di calore abbinate ad accumuli termici stagionali e pannelli solari bivalenti, che producono sia energia termica che elettrica. Questi sistemi poi sfruttano anche il calore latente durante il cambio di stato del liquido e sono in grado di autoalimentarsi in maniera significativa».

Sotto l’aspetto dei costi, una pompa di piccola taglia, da 4 a 16 kW termici per acqua calda, riscaldamento e raffrescamento di edifici residenziali da mono a quadrifamiliari, varia dai 700-800 euro per kW. Un sistema a doppio stadio aumenta a circa mille euro al kW di potenza: una cifra importante, ma che viene notevolmente alleggerita dalle incentivazioni. Parliamo della detrazione Irpef del 65% della spesa sostenuta, con un limite massimo della stessa di 46.153,84 euro (al quale corrisponde un bonus fiscale massimo di 30mila euro) in 10 anni; o del Conto Termico, incentivo che può raggiungere, in base alle prestazioni e zona climatica, per pompe di calore fino a 35 kW, anche valori di oltre 350 euro per Kw per potenze superiori si possono raggiungere valori per kW di oltre 280 euro per kW.

In situazioni ottimali, con sistema radiante a pavimento e pannelli fotovoltaici, con l’inserimento di un sistema in pompa di calore al posto di una tradizionale caldaia il risparmio sui costi può arrivare al 50%. Questo grazie anche al cosiddetto “fattore di moltiplicazione” che, di base, a fronte di un apporto di energia di 1 kWh elettrico rende per 3 kWh di energia termica o più.

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